Cammino di Santiago in Handbike con Free Wheels
Cammino di Santiago. Fatto e rifatto, con la sua handbike, e poi descritto, raccontato per le persone con disabilità che non hanno il coraggio, non ancora, del primo passo. Il Cammino di Santiago è solo il primo passo, invece, per Pietro Scidurlo: il suo “camminare per mondi”, e la sua guida “Santiago per tutti” (Terre di Mezzo Editore) è il modo per far diventare Free Wheels Onlus il punto di riferimento per persone con disabilità. Di riferimento e di partenza, per il Cammino di Santiago, ma soprattutto per una nuova vita, “sapendo che esistono strutture ed opportunità che consentono ad una persona diversamente abile di rientrare a pieno titolo nella società. Perché la disabilità rappresenterà un grande limite solo se lo sarà nelle loro menti”.
Quando hai iniziato a viaggiare?
Fin da piccolo con la mia famiglia ero spesso in viaggio per esami clinici, accertamenti o visite da luminari che mi avrebbero fatto camminare; ma così poi non è stato. Ho sempre amato guardare il lato positivo delle cose: questo girare mi ha insegnato che la fuori c’è moltissimo da vedere e apprendere.
Quello del Cammino di Santiago è stato il tuo primo vero viaggio?
Il Cammino di Santiago è stato il mio primo viaggio zaino in spalla. La prima volta, con la mia famiglia, l’ho fatto per chiudere un cerchio: mi son sempre mosso con loro, da piccolo, quindi da grande, volevo che il viaggio che mi avrebbe cambiato per sempre la vita fosse fatto nello stesso modo. Per mettere un punto e ricominciare. Condividere con loro l’esperienza del Cammino di Santiago, bella e rigenerante, è stato molto significativo.
Come è nata l’idea del libro?
In uno dei miei ricoveri mi hanno regalato il libro ‘Il Cammino di Santiago‘ di Paulo Coelho. Mi ha colpito molto la frase “Le persone giungono nei luoghi nel momento preciso in cui sono attese”. Finito di leggerlo mi son detto: “Probabilmente è l’ennesimo tentativo buttato via per cambiare la mia vita, o forse no! Magari non servirà, però io da oggi lavoro per me, per mettermi in condizioni fisiche e psicologiche per percorrere il Cammino di Santiago”.
E poi come è andata?
Da lì sono trascorsi circa 8 anni, il tempo necessario per comprare una handbike, per prepararmi e trovare la compagnia giusta. Poi il Cammino di Santiago scelse per me ma le persone conosciute si tirarono indietro. Cosi dissi alla mia famiglia che sarei partito da solo lungo il Cammino di Santiago, loro si sono voluti unire a me, e dopo un paio di giorni lo ha fatto anche l’amico Yari Zardini.
Perché proprio il Cammino di Santiago?
Non per un credo religioso ma per una forte motivazione personale. Non avevo ancora digerito la mia disabilità, a spese di chi mi stava vicino, e sono partito per il Cammino di Santiago in cerca di quel Pietro migliore che sapevo c’era dentro di me. Per accettare definitivamente la mia disabilità e ricominciare una nuova vita.
E l’idea della guida quando ti è venuta?
Nel 2012, quando sono partito per il Cammino di Santiago, nessuno lo aveva mai raccontato mettendo in luce le difficoltà e suggerendo come superarle. Non trovare informazioni sul Cammino di Santiago per persone con disabilità, era per me inconcepibile.
Come ti sei organizzato per partire?
Abbiamo caricato sul porta pacchi la handbike e due bici, e in auto lo stretto necessario e la sedia a rotelle, e raggiunto Saint Jean Piéd de Port, ultimo paese francese prima dei Pirenei, meta da cui molti iniziano il Cammino di Santiago. Noi anche: il giorno seguente è iniziato il nostro pellegrinaggio.
Ricordi un momento difficile lungo il Cammino di Santiago? E uno indimenticabile ?
Ne ho avuti tanti sia difficili sia indimenticabili. Nel mio primo Cammino di Santiago, difficile fu l’ingresso nelle Mesetas: ricordo il caldo e l’assenza di acqua, e i 90 km per arrivare all’hostal San Bruno di Moratinos. Mi aiutarono persino a scendere dalla handbike: “es como tener un clavo aquí en los hombros” dissi all’hospitalero prima di scoprire che era italiano. Quella sera conobbi un pellegrino non udente francese che, vedendomi parlare spagnolo, mi chiese una mano per interagire con gli altri. Ero io a poter dare una mano al prossimo, non essere sempre quello che doveva esser aiutato. Fu un emozione forte, mi fece capire come a volte DARE dà di più che RICEVERE.
Quando la guida del Cammino di Santiago ha cominciato a diventare realtà?
A settembre 2014, dopo aver percorso due volte il Cammino di Santiago, tornato dalla ridiscesa del Po in canoa, avevo molti contatti nel mondo dei pellegrinaggi e, soprattutto, mi ero reso conto della enorme mancanza d’informazione, non solo sul Cammino di Santiago, per persone con disabilità. Molti ragazzi che seguivano il mio primo blog avrebbero avuto la voglia di fare il Cammino di Santiago ma si chiedevano “Dove andrò a dormire?”, “Troverò posti accessibili?” o “E se ho necessità di un bisogno fisiologico durante il cammino?”. Domande che mi sono fatto anche io e a cui ho voluta dare una risposta. Non per Pietro, ma per tutti quelli che non erano riusciti a fare quel passo.
Come l’hai scritta?
Ho messo insieme le idee e chiamato amici, pellegrini, professionisti: io avrei dato loro i miei occhi e loro a me le loro conoscenze sul Cammino di Santiago intero. Poi ci siamo proposti a Terre di Mezzo Editori: hanno che detto di SI, facciamolo. E’ stata una grande emozione: l’idea di un ragazzo di provincia sarebbe stata realizzata…e forse molte persone, desiderose di partire, avrebbero fatto così il loro primo passo.
Dove si può trovare la guida?
“Santiago per tutti” in prima battuta uscirà in 2000 copie, ma abbiamo già quasi raggiunto il “tutto esaurito”. E’ prenotabile via internet, sul sito della nostra associazione. Per questa primavera l’obiettivo è la guida in formato cartaceo per poi realizzare una App per smartphone e tablet, una versione in formato testo per non vedenti e ipovedenti. E un’eventuale versione in inglese e spagnola, e probabilmente in altre lingue.
E’ il primo tassello di un più ampio progetto, che va oltre il Cammino di Santiago…
Questo progetto sul Cammino di Santiago è la prima tappa, ne seguiranno altri su vari itinerari di lunga percorrenza, in Italia e in Europa: la Via Francigena da Canterbury a Roma, il cammino di Francesco, la Plata…
Cammino di Santiago, ma non solo: quali sono oggi le barriere che incontri nel viaggiare? Sta migliorando la situazione?
Le cose pian piano stanno cambiando ma sarebbe molto bello se il concetto di ACCESSIBILITA’ avesse un significato uguale in tutto il mondo. Purtroppo non è cosi. Oggi la vera grande barriera è culturale: il disabile non può muoversi da solo.
Una best practice da importare in Italia?
il Bike-sharing aperto a tutti. Mi è piaciuto moltissimo, spero si faccia per Expo 2015, in Olanda è già presente nelle maggiori città. A Milano c’è ma non è aperto a tutti. In Olanda c’è anche l’handbike-sharing. Expo a parte, sarebbe un primo passo verso una mobilità diversa, a costo ed impatto zero.
E in Italia, qualcosa cambia?
Sì, ad esempio a Candelo (BI), nel Il Parco dell’albero d’oro, c’è un’area gioco priva di barriere, con giochi e attrezzature speciali, concepita per tutti i bambini, disabili e non. Vi è anche un percorso ad anello che consente l’accesso ai giochi senza alcuna barriera, un castello ed una speciale gondola a cui si accede anche in carrozzina e le persone cieche sono aiutate da corrimano con specifici indicatori. Vi è poi una zona finalizzata alle sensibilità olfattive, le altalene ed i giochi a molla sono accessibili anche ai bambini con difficoltà nello stare seduti perché dotate di sedute avvolgenti. Sarebbe bello che enti pubblici o privati promuovano di più idee così, creando magari bandi più accessibili per permetterne la realizzazione.
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Pubblicato da Marta Abbà il 20 Febbraio 2015